Tragico Egitto senza democrazia e libertà per le donne
Quando si parla di donne e di condizione femminile in Egitto il ricordo torna alle donne che nel 2011 manifestavano al Cairo per chiedere maggiore libertà e democrazia.
Una ventata di speranza e progresso aveva invaso la società civile, creando grandi aspettative.
Dopo nove anni, dopo i cambi di governo, cosa è cambiato nel paese nord africano?
La risposta è: praticamente nulla. Le donne continuano a chiedere maggiori diritti, in una situazione sociale e civile che ad oggi non è sensibile alle loro istanze.
In Egitto la vita delle donne non è facile. Il regime dittatoriale al potere guidato dal Generale Al Sisi, per quanto meno legato alla matrice religiosa musulmana non è in grado di rispondere alle richieste femminili, e quindi la situazione e le questioni di genere sono da tempo ferme al palo.
Peggio ancora, chi lavora in questo specifico settore sociale e sindacale viene spesso guardato con sospetto e sottoposto a controlli governativi e di sicurezza. Come evidenzia il terribile e ancora irrisolto caso di Giulio Regeni, il ricercatore universitario italiano, arrestato in tutta segretezza e massacrato dai servizi di sicurezza egiziani.
Il presidente Al Sisi aveva dichiarato il 2017 “Anno della Donna” ma questo non ha impedito le diffuse discriminazioni di genere e le continue violenze.
Il problema ha radici profonde, spesso di origine fondamentalista, e risiedono tutte nella mancanza di democrazia e di rispetto per la vita e la libertà altrui, soprattutto quella femminile.
Molte donne lamentano attraverso i pochi canali disponibili di vivere in una società in cui è largamente tollerata la violenza, che ad oggi non viene in nessun modo stigmatizzata dalla stessa società. In poche parole tutto rientra nella normalità, nella quotidianità.
Malgrado questa situazione sfavorevole le donne continuano a impegnarsi nelle attività volte al miglioramento della propria condizione.
Per raggiungere questo obiettivo si deve lavorare molto sulla società civile che ancora risente di un certo livello di arretratezza, soprattutto nelle aree periferiche.
Molto sentita la battaglia contro le mutilazioni genitali femminili, una piaga nel paese, malgrado sia considerato da anni un reato. Secondo un rapporto Unicef la quasi totalità delle donne subisce questa pratica, rendendo l’Egitto un paese in cui la vita delle donne è veramente difficile. Nonostante le difficolta, la repressione e le criticità culturali, il governo ha comunque accettato e promosso alcuni progetti anti-violenza.
Ma la situazione generale del Paese, la continua instabilità e in generale la scarsa libertà di azione decretano spesso il fallimento dei progetti.
Un altro problema fondamentale è il fatto che dal punto di vista giuridico le donne non sono tutelate. Una grave lacuna che determina una sostanziale immobilità, che danneggia le donne nella vita quotidiana.
Il rapporto 2017 di Amnesty International è lapidario: “le donne continuano a subire episodi di violenza sessuale e di genere e a essere discriminate dalla legge e nella prassi”.
Anche se alcuni passi avanti sono stati fatti, come ad esempio quello della Costituzione del 2014 che ha riconosciuto alcuni diritti, percentualmente la partecipazione femminile alla vita politica del paese è residuale, quasi inesistente.
Sono molte le azioni che devono essere messe in campo per cambiare la situazione. Visto il sostanziale disinteressamento statale è essenziale che oggi come ieri sussista tutta quella rete di associazioni femminili, che garantiscono che le attività e la lotta non si interrompano.
Ma malgrado tutti gli sforzi, oggi l’Egitto non è un paese per donne.
Emanuela Locci
Fonte: https://www.groi.eu/KxvoO