Turchia e dintorni. Morti di dittatura
Questo agosto non ha regalato grandi novità per ciò che riguarda la Turchia. Ci sono state molte notizie che l’hanno riguardata, ma novità sostanziali no.
Le notizie che si rincorrono purtroppo troppo spesso si stanno assomigliando come gocce d’acqua. Si allunga la lista dei morti peer astensione dal cibo in Turchia. Dopo la morte, la primavera scorsa, dei membri del gruppo musicale Grup Yorum, Helin Bölek, Ibrahim Gökçek e Mustafa Kocak. La loro morte, il loro sacrificio ha avuto grande risonanza anche sui media occidentali, ma non è bastato per fermare la scia di sangue. Un paio di giorni fa è stata la volta di una avvocatessa, Ebru Timtik, deceduta dopo 238 giorni di digiuno volontario in prigione, solo negli ultimi giorni era stata trasferita in un ospedale, ma le sue condizioni apparse da subito gravi sono peggiorate progressivamente fino al nefasto esito finale. La donna, 42 anni, avvocatessa che invocava per sé stessa e per altri colleghi il diritto ad un giusto processo. La sua richiesta non è mai stata accolta e per questo dopo essersi dichiarava innocente per le accuse a suo carico aveva iniziato uno «sciopero della fame fino alla morte» dopo che era stata condannata a 13 anni di reclusione per appartenenza a un’organizzazione criminale. Alla sua protesta cui si era unito anche il collega Aytac Unsal. Entrambi facevano parte dell’Associazione di avvocati specializzato nella difesa di casi considerati politicamente delicati. La Tintik si era occupata del processo che aveva avuto come vittima Berkin Elvan, un adolescente morto nel 2014 per le ferite riportate durante le proteste antigovernative a Gezi Park nel 2013.
Visto il progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute nelle scorse settimane era stata presentata dai suoi legali, una richiesta di scarcerazione, correlata dalla documentazione medica che dimostrava la precarietà delle sue condizioni. Malgrado ciò la sua richiesta è stata rifiutata prima da un tribunale ordinario e successivamente dalla corte costituzionale. Sia Timtik che Unsal sono stati trasferiti in due nosocomi, anche lui ora versa in gravi condizioni.
La notizia della morte dell’avvocatessa e attivista Timtik, pubblicata dal suo studio legale è rimbalzata velocemente nei media nazionali e esteri. Il giorno del suo funerale decine di persone si sono radunate per renderle omaggio. Il corteo, pacifico, è stato però attaccato e in parte disperso dalla polizia, che ha utilizzato lacrimogeni e proiettili di plastica.
Dura la reazione dell’associazione degli avvocati che ha dichiarato che la morte della loro collega non è altro che: un’onta per la storia della giustizia turca.
Altrettanto dura l’opposizione politica al partito al potere, in particolare un esponente del Chp, lo storico partito fondato da Mustafa Kemal ha dichiarato, attaccando l’Akp che “Ebru Timtik è stata fatta morire sotto i nostri occhi”.
Indignazione è stata manifestata anche all’estero, il portavoce della Commissione Europea per gli affari esteri Peter Stano, durante il briefing on line con la stampa a Bruxelles, si è dichiarato molto preoccupato per la deriva autoritaria del governo di Ankara e in particolare per le gravi violazioni alla libertà dei cittadini che non riescono ad ottenere un giusto processo. Una difesa forte e indipendente e un collegio giudicante indipendente – ha aggiunto Stano – sono un principio cardine di un sistema giudiziario equo, che rispetti lo Stato di diritto e che protegga i diritti umani nel Paese.
Visto che l’avvocatessa Timtik è la quarta vittima, deceduta per il digiuno ad oltranza, evidentemente in Turchia non vi è uno stato che riconosce i diritti e tutela i propri cittadini, ma al contrario, vi è un governo che reprime le opposizioni e sopprime anche con la morte le voci del dissenso.
Emanuela Locci
Fonte: https://www.groi.eu/r5oZp